[Recensione a cura di Luana Savastano]
Fame il musical (nato da un’idea di David De Silva, già autore del film del 1980) è arrivato a Milano, al Barclays Teatro Nazionale, dove ha debuttato lo scorso 31 marzo e dove rimarrà fino al 1 maggio. Per questa nuova edizione la regia è di Federico Bellone. I testi sono di José Fernandez e le musiche di Steve Margoshes. [QUI il video dello showcase con il cast].
C’è subito da dire che recarsi a teatro con l’idea di ritrovare le atmosfere vere e proprie del film anni ‘80, cui lo spettacolo vuole inspirarsi, è sbagliato. Così come pensare di rivedere sul palco Leroy, Coco, Doris, Bruno e compagni con i caratteri con cui li abbiamo conosciuti nella versione cinematografica, prima, e nella serie televisiva, poi. Certo, alcuni elementi comuni ci sono ma, nel complesso, le vicende narrate viaggiano su binari differenti.
Si può dire, ingenerale, che da questo Fame traspare una certa energia, ma è soprattutto grazie alle coreografie di Gail Richardson che ha “sfruttato” al meglio i performers a disposizione. I ragazzi, lo ricordo, sono quasi tutti ex allievi diplomati della SMD Scuola del Musical di Milano che, però, devono ancora crescere e maturare artisticamente per offrire delle prove veramente convincenti, a livello canoro e recitativo. Nonostante ciò, alcuni elementi del cast si sono distinti in modo particolare: notevole la prova di Renato Tognocchi, che ha portato in scena un Jose Vegas molto fuori dalle righe: eccezionale la sua presenza scenica, eccessivo in alcuni momenti il personaggio. Così come Natascia Fonzetti, che ha regalato una grintosa Grace Lamb e delle scene davvero simpatiche (come la sua uscita iniziale). Applausi concitati per Michelle Perera (Mabel Washington), che ha conquistato tutti con la sua potenza vocale e simpatia scenica (attenti all’inizio del secondo tempo). E poi Luca Giacomelli Ferrarini, qui Nick Piazza, un talento puro, ogni personaggio da lui interpretato è portato in scena con precisione e carattere. Davvero un piacere vederlo e ascoltarlo. Tra gli attori adulti, invece, spiccano (anche per via del ruolo del proprio personaggio all’interno della storia) Francesca Taverni, il cui alto livello performativo nel canto e nella recitazione già lo conoscevamo e qui è solo una bellissima conferma, severa e intransigente vicepreside Miss Sherman (anche insegnante), che però vuole per i suoi allievi solo il meglio (d’altronde sono come dei figli). E gipeto (Mr. Sheinkopf), forse il più attinente con l’originale cinematografico (il professore di musica Shorofsky) a cui ha dato la stessa simpatia e la stessa onestà nell’insegnare ai ragazzi la disciplina. Peccato averlo visto protagonista solo di qualche battuta (mentre nel film come non ricordare le simpatiche divergenze musicali tra Shorofsky e Bruno Martelli). Completano il gruppo degli insegnanti Simona Samarelli (Miss Bell), insegnante di danza e Donato Altomare (Mr. Myers), insegnante di recitazione.
Detto questo, però, credo che il problema di questo Fame stia proprio alla base. Al modo in cui è stato impostato lo spettacolo e sono stati caratterizzati i personaggi. O meglio, non sono stati caratterizzati i personaggi. Di loro, infatti, si sa molto poco: sono entrati nella scuola per studiare e raggiungere il successo ma, se nel nel film e nella serie Tv Doris, Leroy, Coco e Montgomery affrontavano spesso problemi di vita quotidiana (basti ricordare i rapporti, a volte complicati, con i genitori) e nei dialoghi si avvertiva quello spirito di sacrificio, la fatica per raggiungere il proprio obiettivo, qui i ragazzi sembrano essere “soltanto” degli studenti che frequentano le lezioni per diplomarsi. L’unico azzardo è rappresentato dal personaggio di Carmen (Emanuela Puleo).
Per quanto riguarda la componente musicale, anche qui, non c’è niente di veramente efficace. Le canzoni, tutte tradotte in italiano tranne la celeberrima (e attesissima) “Fame”, non lasciano niente di particolare, seppure siano funzionali alla storia. La decisione, poi, di far cantare un brano (coreografato) in playback non è sembrata molto coerente con l’obiettivo della scuola-spettacolo: formare ragazzi in grado di saper cantare, ballare e recitare dal vivo.
Questo Fame, in definitiva, alcune indicazioni positive le ha lasciate, indicazioni che devono però essere migliorate. Come la presenza sul palco del pubblico, “testimone” diretto di ciò che succede nella scuola. Ottima idea, che sarebbe bello vedere replicata in altre occasioni, ma che deve essere rivista. L’azione scenica, infatti, avviene tutta verso la platea, impedendo al pubblico distribuito ai lati del palco e sul fondo di avere una visione completa. Gli spettatori in sala, comunque, ha applaudito e si sono divertiti per tutto lo spettacolo, confermando che Fame è una storia che piace ancora. Il finale è tutto per il taxi giallo e il cast che balla sulle note di “Fame”.
Sito web -> www.fameilmusical.it