Gigì, innamorarsi a Parigi: questo il titolo della nuova produzione (in esclusiva nazionale) della Compagnia Corrado Abbati. Il titolo rimanda al famoso racconto di Colette pubblicato nel 1944. Impossibile andare a teatro senza l’idea di immergersi nell’eleganza e nello sfarzo della Parigi di fine Ottocento e inizio Novecento. Gigì, infatti, è un musical (che, però, tanto ha dell’operetta) ambientato ai tempi dell “epoca bella” della città francese; in quella “Belle Époque” che permise a molti parigini, e non solo, di vivere un periodo ricco di sfarzi ed eleganza, di divertimento e spensieratezza; immaginando anni futuri di pace e benessere. È in quegli che si assiste all’introduzione di nuove scoperte e di progressi scientifici e tecnologici.
Dal romanzo di Colette al musical: che delizia le musiche!
Il primo grande merito della compagnia di Corrado Abbati, e qui non si può che ringraziarla, è aver portato in Italia Gigì nella versione originale del 1958, quella vincitrice di 9 Premi Oscar diretta da Vincente Minnelli. Un merito perché la partitura è, sicuramente, uno degli elementi più piacevoli dello spettacolo (le musiche originali sono di Frederick Loewe). L’atmosfera parigina del periodo viene fatta rivivere in maniera garbata ed elegante, con quel tocco di vivacità che mai sfocia nella banalità musicale. Niente è forzato o sopra le righe. Anche le musiche che accompagnano i cambi di scena, rigorosamente a vista, sono ben inserite nel “gioco musicale”. Si tratta di brani arricchiti da liriche o, semplicemente, di linee melodiche facilmente orecchiabili.
Ogni artista regala, con raffinate interpretazioni, personaggi credibilissimi nel recitato e tecnicamente preparati nel cantato. Aspetto fondamentale, questo, visto che i brani hanno un importante impianto lirico.
Ridere con garbo, si può
Ottimo il lavoro fatto sui testi e sulle liriche (traduzione, adattamento e regia di Corrado Abbati) che, con eleganza, tengono vivo l’entusiasmo in sala per circa due ore. Agli improbabili consigli di Alicia (per la quale l’amore e la ricchezza sono assolutamente fondamentali nella vita), fa eco l’intrepida Madame Alvarez, che inscena con Alicia stessa e con Gigì divertenti momenti di botta e risposta. C’è, poi, un momento davvero singolare in cui il pubblico entra di diritto nello spettacolo per volontà di Abbati, che rompe la quarta parete e instaura con la sala un surreale e ben diretto dialogo. A colui, che è considerato l’erede della tradizione operettistica italiana, tutto e concesso. E noi siamo felici di aver dato il nostro contributo.
L’eleganza di un apparato scenico semplice ma d’effetto
Premesso che dalla postazione in cui mi trovavo non ho potuto ammirare appieno la resa di alcune componenti sceniche, sicuramente preziose alla storia, ma l’impianto generale dato dalla Compagnia allo spettacolo si dimostra fascinoso ed elegante. Un immaginario panorama sulla città, con vista sulla Torre Eiffel, ci proietta subito al centro delle vicende dei protagonisti. Pochi ma giusti elementi scenici ci fanno entrare nei salotti dell’alta borghesia francese di primo Novecento (allestimento scenico di Jaro Ješe). Tra tavolini, sedie, parapetti e decorazioni floreali si muovono e si incrociano le vicende di Gigì e Gaston e delle rispettive famiglie, sorrette da un garbato gioco di luci. Sfarzosi e ben curati sono sembrati anche i costumi di tutti i personaggi e dell’intero corpo di ballo.
Un cast che brilla
Partiamo subito col dire che le scene d’insieme dello spettacolo, come fortemente voluto dal regista Abbati, si rovelano un prezioso alleato per la messa in scena e per l’evolversi della storia. Fanno divertire il pubblico con movimenti leggeri e consoni al periodo storico (coreografie di Cristina Calisi). Molto bravo, quindi, l’ensemble.
Ciò che emerge, però, è la qualità vocale del cast: ognuno di loro affronta la prova consapevole della difficoltà dei brani e in grado di padroneggiare linee melodiche complesse come quelle tipiche dello stile operettistico. Si contraddistingue, in particolare, l’esperienza di palco di Antonella Degasperi e di Giancarla Malusardi: entrambe caricano di esuberanza e simpatia i rispettivi personaggi di Inez Alvarez (la Mamita, come la chiama Gaston) e di zia Alicia, tanto da rappresentare un “plus” per lo spettacolo e un punto di riferimento per la giovane Gigì, ancora inesperta di buone maniere. Molto bella anche la prova di Margherita Toso, che ha portato in scena un title-role dapprima leggero e spensierato, il cui unico pensiero è divertirsi insieme all’amico Gaston, per poi diventare più maturo e consapevole dell’importanza dei suoi sentimenti (vivrebbe una vita infelice senza di lui). E veniamo a lui, Salvatore Vasalluccio, il Gaston ricco e raffinato, dalla vita sentimentale movimentata e sempre sulla bocca di tutti. Da compagno di giochi di Gigí, nel corso dello spettacolo cresce e comprende, finalmente, i suoi veri sentimenti per la ragazza. Bravo, Salvatore, nel rendere sulla scena questo evolversi di emozioni interiori e nell’affrontare con sicurezza il momento clou in cui canta il suo amore.
Meritati complimenti anche al resto del cast: Fabrizio Maccintelli, Antonietta Manfredi, Francesco Dall’Aglio, Matteo Borghi, Federico Bertoni, Greta Moschini, Claudio Ferretti, Davide Cervato, Giorgia Aluzzi, Cristina Calisi.
Una parentesi a parte per il mattatore dello spettacolo; l’unico che poteva permettersi di rompere la linearità del copione per improvvisare con il pubblico un divertentissimo botta e risposta. Corrado Abbati è un coinvolgente Manuel, maggiordomo di casa Lachailles, che ci regala tutta la sua abilità ogni volta che entra in scena.
In conclusione
Gigì innamorarsi a Parigi è un’altra scommessa vinta della Compagnia di Corrado Abbati, che il pubblico del Teatro Carcano di Milano ha saputo apprezzare e sostenere. E di questo non si può che essere soddisfatti: la forza dello spettacolo l’ha fatta un cast privo di nomi gettonati ma con la passione per questo mestiere e la preparazione per affrontare una partitura impegnativa e ricca di fascino. D’altronde, Alan Jay Lerner e Frederick Loewe (testo e liriche) qualche anno dopo daranno musica e testi al mitico “My Fair Lady”.
Invito a seguire la Compagnia (io di sicuro lo farò con piacere) perché chi ama il musical, e il teatro musicale in genere, non può non amare anche l’elegante mondo dell’operetta.