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Recensione La gatta sul tetto che scotta con Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni

  • Pubblicato da Alessio Gaburri
  • 15 Febbraio 2016
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[Recensione a cura di Alessio Gaburri]

Cat on a Hot Tin Roof è il titolo originale dell’opera di Tennessee Williams, grande drammaturgo statunitense, autore di successi come Un tram chiamato desiderio, Lo zoo di vetro e Improvvisamente l’estate scorsa. La gatta sul tetto che scotta fu trasposta per il cinema pochi anni dopo da Richard Brooks, con gli indimenticabili Paul Newman e Elizabeth Taylor.

La gatta sul tetto che scotta _ Vittoria Puccini

La scena si svolge interamente nella camera da letto di Brick (Vinicio Marchioni) e Maggie (Vittoria Puccini). Il loro matrimonio è infelice e tormentato, lei lo ama alla follia, lui non ricambia e la sopporta a fatica. Maggie cerca di farsi desiderare, provoca con le parole e con il corpo, rievoca fatti passati con lunghi monologhi che non sempre riescono a scuotere il marito. Brick è tenebroso, schivo ed evasivo, sfoga nell’alcol un passato di segreti e un presente da cui vorrebbe solo scappare: soffre per la morte del migliore amico Skipper, con il quale sembra esserci stata una storia. Maggie è disposta a sopportare di tutto pur di tenersi il marito e avere un figlio con lui, oltre a voler mantenere la posizione sociale e benestante raggiunta con fatica. La famiglia si è riunita per festeggiare il compleanno del padre di Brick, malato terminale. Gooper (fratello di Brick) e la moglie sono premurosi verso Papà, sanno dei pochi giorni che gli restano e sono pronti a salvaguardare l’eredità che li aspetta preparando un piano di divisione dell’eredità. Una torta, un regalo, la Mamma disperata per la malattia del marito, l’odio di Gooper verso Brick, da sempre figlio prediletto da parte dei genitori, e Papà che scopre nel giorno del compleanno di essere davvero gravemente malato sono tutti gli elementi che creano grande attenzione intorno alla vicenda, con un finale che sfocia in una drammatica e costante ipocrisia.

Sono numerosi i temi trattati: il matrimonio senza amore, l’amore impossibile, l’egoismo davanti a un’eredità da dividere con gli altri familiari, l’omosessualità, la malattia e, primo fra tutti, l’ipocrisia. Vinicio Marchioni è un Brick perfetto, il suo tormento affogato nell’alcol arriva dritto in platea, lui beve per vincere il disgusto. E l’unico modo di sopravvivere è bere, oppure c’è solo la morte. Vittoria Puccini convince più in teatro che in TV e al cinema, non è il massimo della sensualità ma interpreta bene la rabbia, la ricerca d’amore da Brick, la grinta e la totale non arrendevolezza; imposta una voce ad hoc per la sua Maggie, quella dello sforzo, della stanchezza, ma che resiste. Rimane su questo tetto che scotta davvero, ma la gatta Maggie non ha intenzione di cadere né di buttarsi. Grandi attori la Mamma (Franca Penone) e il Papà (Paolo Musio), che senza dubbio alzano il livello recitativo nella seconda parte. I dialoghi sono intensi, sentiti, articolati, rabbiosi e urlati: lo spettatore si trova immerso in questo racconto di famiglia, una storia pesante e drammatica ma appassionante. Lo spettacolo dura un’ora e quarantacinque minuti senza intervallo, scelta a mio parere adatta per non interrompere l’immersione dello spettatore in una narrazione di questo tipo, in cui si assiste a una serie di conflitti e disagi interiori, al racconto dettagliato dei sentimenti dei personaggi.

Una scenografia dai colori pastello, con il letto, il sofa, il carrello dei liquori di Brick, e sul fondo una porta scorrevole che affaccia su un giardino: sembra essere l’unica via di scampo dalla camera da letto. La regia di Arturo Cirillo chiude in gabbia i personaggi, limita i loro spazi e li porta a lottare tra loro con un’arma tagliente ma che non si consuma: la parola, quella che sputa veleno, che offende, che cerca la verità in mezzo all’ipocrisia e alla falsità.

Uno spettacolo d’altri tempi ma estremamente attuale, un testo complesso per una pièce sicuramente impegnativa. Dialoghi incalzanti, rivelazioni e segreti per chi come me ama il teatro di prosa intensa, in cui ti abbandoni ai dialoghi e ti accorgi che spesso sono più coinvolgenti rispetto a tanta azione in scena.

Lo spettacolo è in scena al Teatro Manzoni di Milano fino al 28 febbraio.

La gatta sul tetto che scotta

di Tennessee Williams
traduzione di Gerardo Guerrieri

con
Vittoria Puccini e Vinicio Marchioni

e con
Paolo Musio
Franca Penone
Salvatore Caruso
Carlotta Mangione
Francesco Petruzzelli

scena Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Pasquale Mari
musiche Francesco De Melis

Regia
Arturo Cirillo

La gatta sul tetto che scotta viene presentato per gentile concessione de la University of the South, Sewanee, Tennessee.

Lo spettacolo è un atto unico della durata di 1 ora e 40 minuti

Prezzo biglietto: Poltronissima Prestige € 35,00 | Poltronissima € 32,00 | Poltrona € 23,00 | Poltronissima under 26 € 15,00
Orario spettacolo: Feriali ore 20.45 | Domenica ore 15.30

Per informazioni e acquisto biglietti online, cliccare qui.

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Laureato in Comunicazione, Mass Media e Pubblicità allo IULM di Milano (tesi: "Sei Personaggi in cerca d'autore. Dal testo alla scena"), lavora nel settore Marketing, Social e Comunicazione per l'e-commerce IBS.it. Costante della sua vita, lo spettacolo: teatro, televisione e cinema. Si avvicina al teatro grazie alla mamma, che lo porta per la prima volta all'età di 14 anni. Frequenta negli anni delle superiori cinque anni di laboratorio teatrale organizzato dal liceo, e nel 2014-2015 un corso di musical presso il Centro Teatro Attivo di Milano.

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