| Recensione Quel pomeriggio di un giorno da star
a cura di Alessio Gaburri |
È in scena fino al 20 maggio al teatro Manzoni di Milano la commedia con Corrado Tedeschi, Brigitta Boccoli ed Ennio Coltorti dal titolo Quel pomeriggio di un giorno da star, scritta da Gianni Clementi e ispirata al celebre film con Al Pacino “Quel pomeriggio di un giorno da cani” del 1975. La tournèe riprende con la Boccoli in sostituzione a Tosca D’Aquino; lo spettacolo è nato da un’idea di Tedeschi con la regia di Coltorti.
La storia
Ambrogio Fumagalli (Tedeschi) è imprenditore in Brianza di una azienda di intimo in via di fallimento.
La pièce racconta la sua disavventura: oberato dai debiti ed in piena crisi economica, dopo numerose cartelle erariali si vede costretto ad improvvisare una soluzione estrema, ossia una rapina in banca.
Fumagalli coinvolge il suo fedele contabile e segretario (Coltorti) in questa rapina da veri inesperti e impacciati. In banca incontrano una ex giornalista d’assalto con un passato da presentatrice TV di successo (Boccoli), che approfitta della situazione per tornare alla ribalta facendo della rapina una serie di episodi per i mass media e i telegiornali.
Il tema dei debiti e la spettacolarizzazione della notizia
Una commedia leggera che mette in scena due temi di forte attualità: la crisi economica delle piccole aziende, con la conseguente paura della chiusura, del mancato stipendio ai dipendenti. La disperazione che porta a compiere gesti estremi davanti alla precarietà.
Lo spettacolo è, inoltre, una satira all’informazione italiana, dove sempre di più stampa e televisione raccontano la notizia di cronaca spettacolarizzando; mostrano i particolari, facendo affezionare il pubblico anche a dei ladri, andando sul luogo e costruendo un prodotto di lunga serialità con puntate e personaggi.
Da qui il titolo “Quel pomeriggio di un giorno da star”, prendendo spunto dalla giornalista interpretata da Brigitta Boccoli che trasforma tutti i presenti di questa banca di periferia in delle vere star per un giorno, tra telecamere, gag e spot pubblicitari.
Il cast, la regia e la scena
Ambrogio Fumagalli è il prototipo dell’imprenditore brianzolo. È molto presente il milanese come dialetto, generalmente meno usato in teatro rispetto al romanesco e al napoletano. La commedia vuole essere tragicomica ma non riesce nell’obiettivo: la trama è debole e banale. Tedeschi è un bravissimo attore di teatro (indimenticabile ne “L’uomo dal fiore in bocca” di Pirandello) ma purtroppo inserito in una storia non avvincente, troppo farsesca e noiosa. La recitazione è molto urlata e le battute strappano risate sforzate, con tiepidi applausi. La pièce dura (per fortuna) meno di 2 ore compreso intervallo. La scenografia è l’interno della banca, con mobili e elementi dallo stile vecchio e molto semplice.
Vedendo questo spettacolo ho provato un certo stupore nel constatare come tutta la stagione 2017-2018 del Manzoni sia stata molto bella e variegata, ma si chiude con una commedia non proprio imperdibile. Un peccato, perché alcuni membri del cast sono risultati divertenti, come anche l’idea di riprodurre un celebre film di successo con due temi forti ma che potevano essere sviluppati con più originalità.
Al teatro Manzoni di Milano fino al 20 maggio.